
Nell’ordinamento giuridico italiano, come noto, il percorso che abilita allo svolgimento della pratica psicoterapeutica è definito dall’articolo 3 della Legge n. 56/1989, che prevede per l’interessato – dopo il conseguimento della laurea in psicologia o in medicina e chirurgia, l’abilitazione professionale e l’iscrizione all’Albo – l’obbligo di frequentare un corso di durata almeno quadriennale presso scuole di specializzazione universitaria o presso istituti riconosciuti dal Miur.
La Legge non stabilisce percorsi di formazione ulteriori o alternativi che abilitano all’utilizzo esclusivo o all’insegnamento di una particolare tecnica psicoteraputica; pertanto ciascun professionista autorizzato ai sensi di Legge ha facoltà di utilizzare, secondo scienza e coscienza, tutte le tecniche psicoterapeutiche per le quali abbia acquisito adeguata competenza, così come prescritto dall’art. 5 del Codice deontologico degli Psicologi.
Pur potendo costituire momenti di indubbio valore formativo, altre tipologie di corsi a cura di soggetti pubblici o privati non sono di per sé abilitanti all’utilizzo di una particolare tecnica terapeutica e assumono un esclusivo valore pratico: sono utili, cioè, nella misura in cui consentono al professionista – già autorizzato all’esercizio della pratica – di arricchire il suo bagaglio formativo, consentendogli di svolgere una prestazione avvalendosi di un accresciuto livello di competenza.
Come stabilito dalla Costituzione, l’insegnamento delle ricerche scientifiche e delle procedure terapeutiche che ne scaturiscono è libero e, per questo, non può essere legato a copyright, diritti d’autore o brevetti.
Riportiamo sul tema un parere elaborato dal consulente legale dell’Ordine, l’avvocato Luca Lentini.
Ai sensi dell’art.45, commi 1 e 2 del D.Lgs. 10-2-2005, n.30, nel nostro ordinamento le scoperte, le teorie scientifiche, i piani, i principi ed i metodi per attività intellettuali, le presentazioni di informazioni, non sono brevettabili in quanto non considerate “…invenzioni… nuove e che implicano un’attività inventiva e sono atte ad avere un’applicazione industriale” (si riporta in calce il testo integrale della norma, che nella sua prima formulazione risale al Regio Decreto n.1127 del 1939).
Ai sensi del comma 4, lettera a) del citato art. 45, non sono brevettabili neppure “…i metodi per il trattamento… terapeutico del corpo umano o animale e i metodi di diagnosi applicati al corpo umano o animale”. Il riferimento ai “metodi per il trattamento terapeutico”, deve intendersi ai metodi per la cura di qualsiasi patologia della persona.
Questi divieti, uniti al principio di libertà di insegnamento e di ricerca sancito dall’art.33 della Costituzione, escludono che una teoria scientifica o una metodologia nel campo della psicologia o della psicoterapia possano essere insegnate e/o approfondite da un unico soggetto che ne rivendichi l’esclusiva, quand’anche esso si identifichi nel loro ideatore. Quest’ultimo può rivendicare il diritto d’autore, copyright per gli anglosassoni, sulle opere eventualmente prodotte, ma non può inibire ad altri la ricerca scientifica nel campo prescelto o l’insegnamento delle tematiche trattate.Diverso è il discorso relativo al rilascio di attestazioni, comprovanti la partecipazione ad attività di formazione rese da un soggetto che possa legittimamente rivendicare la paternità della formazione stessa ai sensi della normativa del luogo in cui avviene l’attività di istruzione. I soggetti legittimati dai singoli ordinamenti giuridici ad erogare prestazioni formative possono di regola intitolare i relativi attestati indicando la propria denominazione oltre alla materia trattata. Il che non esclude che la stessa attività formativa possa essere erogata da altri soggetti, purché parimenti legittimati dalle norme vigenti, ai quali certamente non è preclusa l’indicazione della materia oggetto di insegnamento.
Avv. Luca Lentini